Realtà annebbiata. Un confronto tra Unamuno e Baudrillard

Due analisi della realtà

Nelle loro rispettive riflessioni sulla realtà, Unamuno (1864-1936) e Baudrillard (1929-2007) seguono due percorsi filosofici differenti: il pensiero di Unamuno è incentrato sull’uomo «di carne ed ossa», che per lui è la più importante realtà (per non dire l’unica che conta davvero), mentre quello di Baudrillard esplora e inquadra le dinamiche della società che circonda l’uomo. In altre parole, il primo analizza la realtà interiore dell’uomo, anche e soprattutto in funzione della sua anima immortale (o meglio, del suo disperato bisogno d’immortalità); mentre il secondo prende la direzione opposta e analizza la realtà esterna all’uomo, cioè la società e la cultura in cui questi vive, e il significato che il concetto stesso di “reale” assume (per l’uomo) nella società contemporanea.

È probabile che le vie intraprese dai due filosofi possano essere ricondotte ai periodi storici in cui gli stessi hanno vissuto e operato. Infatti all’epoca di Unamuno i media non avevano ancora raggiunto il grado di diffusione e il potere che oggi tutti gli riconoscono. E, in accordo proprio con i tre periodi storici individuati da Baudrillard, è presumibile che le questioni inerenti il simulacro di terzo ordine o l’iperrealtà dovessero essere sconosciuti a Unamuno. Si potrebbe anche dire che, nel periodo unamuniano, l’uomo fosse ancora al centro del mondo e quindi la realtà una diretta proiezione della sua essenza: per questo la realtà di Unamuno è uomo-centrica. Nella nostra epoca invece, come visto nell’articolo precedente, sono l’immagine e la simulazione a trovarsi al centro del mondo: per questo la realtà di Baudrillard è simulacro-centrica.

Il problema del reale

Come già detto, il punto di partenza di Unamuno è l’uomo, l’individuo immerso nella sua reale esistenza: ma quanto reale è l’esistenza dell’uomo per Unamuno? Egli infatti confonde intenzionalmente il reale con la finzione, mettendo sullo stesso piano d’esistenza gli enti di finzione e gli enti reali, i personaggi letterari con i loro autori: don Chisciotte e Cervantes, Amleto e Shakespeare, Augusto Pérez e sé stesso. Ma quello che per Unamuno poteva certamente essere solo una provocazione filosofica, nella nostra epoca si profila come un preoccupante problema in grado di minare la nostra percezione del reale.

Infatti Baudrillard lamenta il fatto che nella società post-moderna ciò che viene percepito come reale non sia veramente tale, in quanto non c’è più la possibilità di distinguere il reale dall’immagine. Il fine ultimo della sua analisi è quello di capire quale possa essere oggi il significato del termine “reale” in una società dove la rappresentazione della realtà è percepita come più reale dell’originale. La chiave risiede nel fatto che, secondo Baudrillard, il significato di realtà è imploso e si è miscelato con quello offerto dai media, che sono oggi il meccanismo attraverso il quale il reale viene percepito: sono i mezzi di comunicazione di massa, infatti, a mediare la realtà per noi.

Quando Unamuno afferma che i personaggi immaginari e i loro autori sono entrambi reali, lo fa con la consapevolezza che il suo lettore è nelle condizioni di distinguere il reale dalla finzione, in quanto questi sono tenuti saldamente separati da una sorta di barriera invisibile che protegge il reale e mantiene distinti i due mondi, e, nonostante Unamuno confonda i piani d’esistenza, per il lettore di Nebbia la differenza non viene mai meno (e quindi il reale non è mai veramente in discussione); il lettore ha sempre ben presente che quella situazione è solo un inganno letterario di Unamuno.

Per Baudrillard invece il reale nella società contemporanea non esiste più perché a causa del bombardamento mediatico dei mezzi di comunicazione di massa, e dell’intensa azione persuasiva che gli stessi media operano sulla società, quella barriera invisibile è (alla fine) crollata, e il regno delle immagini ha potuto così contaminare il mondo reale; quindi ciò che permetteva al lettore di Nebbia di riconoscere facilmente l’inganno letterario (nel dialogo tra Unamuno e Augusto Pérez) oggi non è più a disposizione, e il reale ora non può più essere distinto dalla finzione. In breve, quell’inganno si è evoluto a causa dei media, e grazie al supporto delle moderne tecnologie è diventato sempre più sofisticato, ed è per questo che non viene più così facilmente riconosciuto.

L’esempio del “Padrino”

In un’intervista pubblicata su YouTube, il Dr. Alan How riporta un interessante esempio. In un certo ristorante italiano, situato nel nord dell’Inghilterra, si trova, appesa su una parete, la gigantografia dell’attore Marlon Brando in una scena del film Il padrino (1972); alla domanda meravigliata del perché di quell’immagine, la risposta che viene data è che quello nella foto è “il padrino, un italiano”. Dunque, nelle intenzioni, quell’immagine di Marlon Brando dovrebbe simboleggiare il fatto che ci si trova effettivamente in un ristorante italiano.

È da evidenziare il fatto che, anche di fronte alla richiesta di ulteriori chiarimenti, venga continuamente ribadito dai presenti che quello nella foto è “il padrino, un italiano”, e non venga invece precisato qualcosa tipo “Marlon Brando nel film in cui interpreta la parte del padrino”. Tra l’altro il personaggio del “padrino” non è un vero italiano nemmeno nella realtà del film (e non ha niente a che vedere col concetto cristiano di padrino), in quanto si tratta di un mafioso americano di origini italiane vissuto a New York.

In definitiva, l’immagine di un attore americano viene esposto come inconfutabile referente dell’italianità di quel ristorante. L’ente di finzione (“il padrino”) è riuscito quindi ad infrangere le barriere dell’immaginazione ed è stato “promosso” al nostro stesso livello di esistenza, e viene percepito tanto reale quanto le stesse persone che si siedono ai tavoli di quel ristorante.

Da ente reale a ente iperreale

Il tema principale messo in evidenza da Unamuno nel romanzo Nebbia è il personaggio di fantasia che vuole imitare l’essere umano. Augusto Pérez vive una crisi esistenziale e rivendica per sé stesso le medesime prerogative del suo autore, vuole cioè essere come lui: un uomo «di carne ed ossa», dotato del libero arbitrio e soprattutto di un’esistenza autonoma e indipendente nel mondo reale. E per questo vuole morire come ente di finzione nella speranza di poter rinascere come ente reale.

Nella società post-moderna, in accordo con la tesi di Baudrillard, stiamo invece osservando il fenomeno contrario: oggi infatti sono gli esseri umani a voler imitare i personaggi creati dai media. Essi vogliono perciò parlare e vestirsi come loro, possedere gli stessi oggetti che questi posseggono o reclamizzano; in breve, vogliono essere come loro perché in un mondo in cui domina l’iperreale, essere semplicemente sé stessi (vale a dire persone reali) non può più essere sufficiente, è troppo poco.

È per questo che ritengo si possa affermare che, proprio come Augusto Pérez vuole morire come ente di finzione (perché non si accontenta di essere tale) per rinascere come ente reale, oggi è l’uomo a voler morire come ente reale per rinascere come personaggio mediatico o ente iperreale. Ecco l’aspetto dove il confronto tra i due filosofi mi sembra assumere una valenza del tutto particolare.


Dalla mia Tesi di Laurea

Il presente articolo è l’ultimo, di una serie di quattro, in cui rivisito alcune parti della mia Tesi di Laurea intitolata “La realtà annebbiata: Il pensiero metafisico di Miguel de Unamuno e Jean Baudrillard” (Anno Accademico 2009/2010). I quattro articoli della serie sono:

  1. Nebbia. Romanzo di Miguel de Unamuno
  2. Uomo: esistenza reale? Il pensiero di Miguel de Unamuno
  3. Simulacro e iperrealtà. Il pensiero di Jean Baudrillard
  4. Realtà annebbiata. Un confronto tra Unamuno e Baudrillard