Nebbia. Romanzo di Miguel de Unamuno

Presentazione di Nebbia

Pubblicato nel 1914, Nebbia (titolo originale: Niebla) è considerato uno dei migliori romanzi di Miguel de Unamuno. Porta come sottotitolo un neologismo coniato dallo stesso autore e che compare per la prima volta in questa sua opera letteraria: nivola, crasi delle parole niebla (nebbia) e novela (romanzo). Il termine indica il genere letterario creato ad hoc da Unamuno per svincolarsi dalle regole del romanzo realista, in particolare dall’uso del narratore onnisciente in terza persona, e viene descritto all’interno di Nebbia (nel capitolo XVII) da uno dei suoi personaggi, Víctor Goti. In definitiva, la nivola altro non è che un romanzo nel quale i dialoghi la fanno da padrona, il carattere dei personaggi si manifesta e si evolve man mano che essi parlano, e gli interventi descrittivi dell’autore sono ridotti al minimo.

Il protagonista è Augusto Pérez, un giovane, ricco e introverso intellettuale che non sa cosa fare della propria esistenza e il cui passatempo preferito è giocare a scacchi col suo miglior amico, il summenzionato Víctor. Il titolo Nebbia rimanda alla visione annebbiata della vita, che lo stesso Augusto, in una delle sue meditazioni filosofiche, descriverà come un insieme di gioie e dolori che «ci giungono avvolti in un’immensa nebbia di piccoli eventi. E la vita non è altro che questa nebbia».

Il romanzo è preceduto da un prologo scritto, su richiesta di Unamuno, da un giovane autore alle prime armi: Víctor Goti, il quale però, come già detto sopra, altri non è che uno dei personaggi del romanzo stesso. Si tratta ovviamente di un inganno letterario che Unamuno si diverte a rendere ancora più sofisticato andando a scrivere un post-prologo nel quale risponde a Víctor e lo smentisce su alcuni punti. L’inganno è così ben riuscito che se si cerca il nome di Goti nei database delle biblioteche, è facile trovarlo indicato nel seguente modo: “Prologo di V. Goti”. Come se fosse un prologo “vero” di uno scrittore “reale”.

Riassunto di Nebbia

Capitoli I – XX

La storia inizia il giorno in cui Augusto, uscito di casa per la sua consueta passeggiata senza meta, incontra casualmente Eugenia, una pianista orfana che vive con gli zii, e se ne innamora; o almeno così egli crede. In ogni caso, spinto anche dal desiderio di avere finalmente uno scopo nella vita, prende la decisione di corteggiarla e porta avanti il suo proposito con la benedizione di Ermelinda, zia della ragazza, la quale si augura così di veder risolti i problemi finanziari della nipote (grazie ai soldi di Augusto).

Ma Eugenia, di personalità forte e indipendente, rifiuta con fermezza il corteggiamento, dato che è già impegnata in una relazione con Mauricio, un fannullone senza soldi, di cui è innamorata e con cui intende sposarsi. Ciò nonostante, Augusto provvede, con spirito cavalleresco e senza alcun secondo fine, al pagamento dell’ipoteca sulla casa di Eugenia, la quale tuttavia non vede in questo gesto un atto di genuina bontà, bensì un subdolo espediente per comprarla e, sentendosi per questo offesa, scaglia tutta la sua rabbia contro il suo benefattore, salvo poi scusarsi (alcuni giorni dopo) e accettare sia il dono che l’incondizionata amicizia che questi le offre.

Nel mentre accade tutto questo, Augusto, che prima d’incontrare Eugenia era sempre rimasto fuori dall’orbita del mondo femminile, scopre di sentirsi ora attratto da quasi tutte le donne che incontra. Questo inizialmente lo rende euforico, ma alla fine arriverà a tormentarlo, in particolare quando si ritroverà invischiato in un gioco di seduzione con la diciannovenne Rosario, la ragazza del servizio biancheria stirata. Augusto inizia perciò ad avere dei dubbi e si domanda “se” e “di chi” fosse veramente innamorato. A complicare ulteriormente le cose ci pensa Eugenia che nel frattempo rompe il fidanzamento con Mauricio, in quanto questi non manifesta alcuna intenzione di cercarsi un lavoro che permetta loro di sposarsi, e sospettando che nella vita di Augusto ci sia ora un’altra donna, decide di farsi avanti per riconquistarlo.

Capitoli XXI – XXX

Sospeso tra Eugenia e Rosario, Augusto sperimenta sensazioni per lui nuove che lo portano ad agire in maniera inconsueta, e lo conducono a uno stato d’animo sempre più confuso; desidera comunque portare avanti questa esperienza e, anzi, vuole approfondire la sua conoscenza della psicologia femminile, vuole cioè trasformare l’oggetto del suo tormento (la donna) in materia di studio. Chiede dunque consiglio all’amico Víctor, il quale gli suggerisce di sposarsi, non importa con chi, perché «chi non si sposa, non potrà mai sperimentare psicologicamente l’anima della Donna. L’unico laboratorio di psicologia femminile […] è il matrimonio».

Augusto perciò, pur temendo un rifiuto, decide di chiedere in sposa Eugenia che, mossa all’apparenza da compassione o da un istinto di competizione nei confronti di Rosario (o chi per lei), accetta la proposta di matrimonio con grande stupore da parte del protagonista, che ora non si sente più colui che sperimenta, bensì colui che è oggetto dell’esperimento.

Viene quindi fissata la data delle nozze, e le cose procedono normalmente fino al giorno in cui Eugenia riferisce ad Augusto che il suo ex-fidanzato Mauricio minaccia d’importunarla e di comprometterla a meno che non gli venga trovato un lavoro, ragion per cui suggerisce al suo promesso sposo di cercargli un impiego qualsiasi il più lontano possibile, per levarselo di torno. Augusto accetta e, grazie a una sua conoscenza, gli trova in effetti un impiego in un luogo “abbastanza lontano”; una mattina seguente riceve però la sgradita visita dello stesso Mauricio, il quale inizialmente dichiara di volerlo ringraziare del favore concesso, ma successivamente rivela che porterà via con sé Rosario, con cui ora ha una relazione, e si burla di lui per essersela lasciata scappare. Tutto questo inquieta Augusto e lo rende furiosamente geloso.

Quando ormai mancavano solo tre giorni alle nozze, e con un alquanto sospetto tempismo, Eugenia chiede ad Augusto se avesse avuto notizie di Rosario e se sapesse chi la stava corteggiando ora, generando così nella mente del protagonista una moltitudine di strani presagi e l’impressione che la sua promessa sposa sapesse già qualcosa. Il giorno dopo Augusto riceve una lettera di Eugenia, nella quale lei gli comunica di essere andata a vivere con Mauricio. Devastato dalla notizia e sopraffatto dalla disperazione, Augusto si chiude nella sua stanza.

Passa quindi a trovarlo l’amico Víctor per dargli conforto; i due parlano di quanto successo e filosofano sul significato dell’esistenza, in particolare sui confini tra ciò che è reale e ciò che è finzione. A tal proposito Augusto rivela che mentre prima si sentiva come un’ombra, una finzione, un fantasma, ora invece il grande dolore che prova per questa atroce beffa gli ha tolto ogni dubbio sulla sua reale esistenza.

Capitolo XXXI: il dialogo tra Augusto e Unamuno

Terminato il dialogo con Víctor, Augusto, con la mente offuscata dal dolore, viene preso dall’idea di suicidarsi. Ma prima di mettere in atto il suo proposito, decide di andare a consultarsi con l’autore di un saggio che aveva letto e nel quale si parlava, anche se di sfuggita, del suicidio. Augusto si mette dunque in viaggio verso Salamanca per far visita a Miguel de Unamuno, l’autore del romanzo Nebbia, di cui Augusto è l’ignaro protagonista.

Questo accade nel capitolo XXXI: si svolge qui una drammatica conversazione, in cui Unamuno, citando i più intimi dettagli, dimostra ad Augusto di sapere già tutto sulla sua vita e sul motivo della sua visita, e gli rivela che non può uccidersi in quanto non è un essere reale: «non sei, povero Augusto, nient’altro che un prodotto della mia fantasia e di quella dei miei lettori che potrebbero leggere il racconto delle tue finte avventure e disgrazie che io ho scritto».

Augusto, smarrito e terrorizzato, si ribella però con grande energia, e si rivolge duramente a Unamuno affermando la propria esistenza e insinuando che sia invece Unamuno a essere un’entità immaginaria. Tra i due si instaura perciò un duello dialettico per stabilire chi sia reale e chi no. Augusto arriva perfino a insinuare l’idea di uccidere Unamuno, il quale, sempre più inquieto di fronte all’ostinazione e all’irriverenza del personaggio nei suoi confronti, gli comunica seccamente che ha preso la decisione di farlo morire. Al che il povero Augusto implora Unamuno di non attuare il suo proposito sostenendo che vuol vivere, anche a costo di una vita qualsiasi. Ma Unamuno gli ribatte che la decisione ormai è stata già presa, anzi, scritta.

Condannato a morire, il personaggio compie un’estrema ribellione dialettica, e, con un ghigno beffardo verso l’autore e i suoi lettori, afferma che non solo gli enti di finzione, ma anche gli stessi enti reali sono destinati a scomparire, non c’è alcuna differenza tra di loro. Muore il personaggio, ma muoiono anche l’autore e i lettori.

Capitoli XXXII – XXXIII

Augusto fa dunque tristemente ritorno a casa, consuma voracemente il suo ultimo pasto, e muore. Il libro termina con l’indecisione dell’autore se riutilizzare il personaggio di Augusto, concludendo però che ciò non sarebbe stato possibile.


Dalla mia Tesi di Laurea

Il presente articolo è il primo, di una serie di quattro, in cui rivisito alcune parti della mia Tesi di Laurea intitolata “La realtà annebbiata: Il pensiero metafisico di Miguel de Unamuno e Jean Baudrillard” (Anno Accademico 2009/2010). I quattro articoli della serie sono:

  1. Nebbia. Romanzo di Miguel de Unamuno
  2. Uomo: esistenza reale? Il pensiero di Miguel de Unamuno
  3. Simulacro e iperrealtà. Il pensiero di Jean Baudrillard
  4. Realtà annebbiata. Un confronto tra Unamuno e Baudrillard